venerdì 23 aprile 2010

Avventura al Gay hospital

Un caro saluto a tutti, eccomi di nuovo qui, vivo e vegeto. Certo un po' provato dal pacchetto di Camel chain-smoked per sopportare lo stress del tragitto fino all'ospedale, ma ora ve lo posso dire, concedendomi un bel sospiro di sollievo: io sieronegativo totale, il Virus Inventato non mi avrà, né ora né mai. Tié, 'tacci sua oh. Dunque, io appartengo a quel piccolo ma agguerrito gruppo di gay responsabili (lo so, sembra un ossimoro) che da un po' di tempo vanno a fare il test per la sieropositività dalle tre alle quatto volte a settimana: conosco qualcuno che per essere a posto con la coscienza dopo essersi fatto scopare al Parco Nord da un pullman di pornoattori turchi, va a rifare il test ancora prima di aver ritirato i referti del precedente. Per quanto mi riguarda, non arrivo a questi livelli, ma siamo quasi giunti al punto che quando mi vede arrivare, con una faccia da funerale di Lady Diana e teso come la corda di uno Stradivari, l'infermiera del Policlinico mi chiede: "Gradisce il solito?" Ebbene sì, bisogna ammetterlo: è come se avessimo bisogno di un po' di ansia da ospedale, di tanto in tanto, giusto per sentirci vivi. Non vi sarebbe, infatti, alcuna ragionevole motivazione per recarsi a fare il test quando, nelle ultime settimane, l'esperienza sessuale più a rischio per la tua salute è stata quella di limonare un tizio con un alito a dir poco mefistofelico. Oddio: che poi magari, un giorno, la scienza scoprirà che anche la fiatella è un veicolo di trasmissione del V.I. (naturalmente, per chi non l'avesse ancora capito, sto parlando del Virus Inventato), ma obiettivamente da qui ad andare a farsi prelevare un campione di sangue l'indomani stesso, ne passa!

Ogni volta è come la prima: ti trascini mesto fino al Policlinico, con la testa in balia di mille paranoie, del tutto ingiustificate alla luce delle centinaia di euro che mensilmente esborsi per acquistare stock di profilattici, rigorosamente XL, di tutti colori, sapori, odori, texture e, per soddisfare anche l'udito, rumori. Ma tutto fa parte del gioco. Quello che non immaginavo, in quel tranquillo e soleggiato lunedì di primavera, incamminandomi verso il Centro Malattie a Trasmissione Sessuale per dare soddisfazione alla mia ipocondria isterica, era che vi si potesse fare del gran rimorchio, ma proprio di serie A, roba che in posti come il Borgo o il Barbarella rappresenta un'incredibile utopia. Ora i fatti: giungo in loco, visibilmente provato, e più o meno come al Classic a Riccione con la tessera dell'Arcigay, estraggo il mitico biglietto col mio numerino di serie, che prontamente consegno alle infermiere. Non trovate che 'sta storia del codice di immatricolazione sia fantastica? Immagino che al Policlinico di Milano abbiano un ricchissimo database di ricchioni, che neanche Gayromeo è così dettagliato: quando ti intervistano la prima volta, dopo averti chiesto quanti te ne fai alla settimana e, in fin dei conti, se sei una grandissima troia, ci manca poco che ti preghino anche di tirarlo fuori e te lo misurino.

"Si accomodi pure", mi fa la tipa, come se in attesa di farmi succhiare una fiala di plasma avessi voglia di stare seduto in una sala d'attesa in cui un televisore sintonizzato su Retequattro trasmette le immagini di Forum (verrà successivamente fuori che il televisore del Centro MTS è un'elargizione del mitico Cecchi Paone: poca stima). 'Preferirei aspettare due anni in piedi su una colonna come San Daniele, senza mangiare', vorrei dirle: ma poi scorgo nella stanzetta, di norma completamente vuota, un essere vivente, potenzialmente membro della grande famiglia (del resto gli etero mica lo fanno, il test!) ed estremamente fico. 'Amore, se hai il Virus Inventato sappi che ti dona' vorrei dirgli, ma ovviamente mi trattengo e cambio strategia: il giovane virgulto è teso, meglio non infierire. Mi siedo, saluto. Ricambia. Chiedo lumi sui tempi di attesa. Sticazzi, che voce profonda: maschietto e passivo, già non capisco più niente. "Chi è nato il 19 giugno?" chiede la dottoressa Giò dei poveri, affacciandosi alla saletta. 'Alla faccia della privacy', pensiamo all'unisono io e il mio futuro marito per una notte, mentre lui si alza e segue la dottoressa. 'Minchia, che culetto', medito io, seguendolo con lo sguardo: speriamo che le analisi che mi accingo a fare non risultino falsate dall'onda di piena di ormoni nel mio sistema vascolare.

Dopo cinque minuti, un po' sderenato dalla siringa della dottoressa, il nostro amico esce dall'ambulatorio, mi saluta e si allontana: tocca a me. L'ambulatorio è una specie di mondo a sé: una luce bianca avvolge lo spazio, penso di essere già in paradiso. La dottoressa è una faiga disumana, secondo me: il suo lavoro consiste nel chiamare l'infermiera a fare il lavoro sporco e, successivamente, nell'appiccicare un numerino sulla provetta. Due parole, invece, sull'infermiera: la zappatrice polacca in questione si avvicina a me con un'espressione simile a quella di Kathy Bates in "Misery non deve morire", brandendo un siringone, con cui di lì a poco mi asporterà l'avambraccio. Credetemi: un dolore anale. Più morto che vivo, reggendo un batuffolo di cotone nel tentativo di arginare l'eruzione del Eyiafjallajökull che fuoriesce dal traforo del Gran Sasso che la sadica mi ha aperto nella vena, saluto e mi dirigo verso la cassa per fare il solito giochino di "far-finta-di-pagare-una-prestazione-che-è-gratuita" (ma allora perchè me la fai pagare, se è gratis?). Ventiquattro numeri davanti al mio. A metterci tutti in coda sembrerebbe la barriera di Melegnano con le partenze intelligenti a luglio.

Mai attesa fu più fortuita: impudente invito il mio nuovo amico fuori a fumare e attacco bottone, scandaloso come raramente da sobrio: "Certo che sta roba che ti fanno aspettare anche se il test è gratuito mi sembra del tutto incredibile", mi fa. "Si, dai, è inaccettabile": inizio il terzo grado, sfoderando tutte le consuete armi di seduzione di massa. La cosa carina è che è chiaro che ci sto provando, ed è subito chiaro che lui ci starà alla grande: è li col cellulare in mano che aspetta, raccontandomi le amenità del suo appartamento in Porta Romana. Porta Rom-anal, te lo dico io! Ci diamo appuntamento il giovedì successivo, per ritirare insieme le analisi: "Se siamo negativi al test, andiamo a festeggiare da te!" gli faccio scherzando, ma poi come spesso accade, scherzando fino a un certo punto (quando in realtà è esattamente quello che stai pensando). "Te lo stavo proponendo io..." (odio chi mi ruba le idee, ma sei un fico disumano quindi ti perdono). Ecco, la conclusione magari non ve la racconto, anche se potete immaginarla: vi dirò solo che l'abbiamo messa in culo al Virus Inventato (e, per quanto mi concerne, non solo al virus). In definitiva, spero di avervi fornito un motivo in più per fare il test, amiche mie. Scopate con moderazione, ma discreta intensità, e non abbassate mai la guardia! Buon divertimento...
Un'inculata bareback a tutti, belli e brutti...

3 commenti:

  1. Oh, tutto questo mi riporta alla mente il giorno in cui io ero di turno all'ambulatorio di chirurgia plastica ed entrò quel bel rumeno... Aaaaah, memories...

    Baci baci

    P.s.: ora mi spieghi come hai fatto capire che era passivo se, addirittura, c'aveva la voce maschia. No, ora me lo spieghi, eccheccazzo.

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  2. Ah, i Rumeni... quanti ricordi... del resto lo diceva anche il mio amico Marco Ulpio Traiano: "I Daci sono sempre i migliori".
    Quanto al tuo post scriptum, cara amica, dovresti sapere che certe cose si sanno e basta, è il cazzo che ci guida! Considera che poi a Milano di default uno è come minimo ANCHE passivo (cosa di cui di recente ho avuto notevoli conferme), e nel 90% dei casi, lo è in via esclusiva. Dunque, già è difficile imbattersi in uno solo attivo, e quando ti capita di norma trattasi di esemplare abbastanza appariscente.
    Mi sono sbagliato, qualche volta (cito, ad esempio, il Dio del Bacio, che dopo due settimane di cortggiamento, sul più bello, mi ha confessato di essere solo attivo, venendo defenestrato immediatamente, poraccio), ma sul nostro amico dell'ospedale ho avuto ragione... :-)))

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  3. inferenze statistiche quindi... in effetti sono andato a fare le analisi anche io martedì scorso e sembrava di stare da Zara il sabato pomeriggio.

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