mercoledì 14 aprile 2010

Aussiebum power


Ordinaria mattina da primavera milanese: sole che splende, aria frizzante, polveri sottili, uccellini che cantano, bordello sui mezzi all'ora di punta. Nessuna ragione apparente per aprire un nuovo blog: soprattutto se di blog sulla vita gay milanese si deve trattare. Ma, aspetta un po'... cos'è che afferra all'improvviso tra le mani il portiere, nonappena mi vede fare capolino dalla porta dell'ascensore? Sarà mica... oddio, che emozione!

C'è un momento, nella vita di ogni gay milanese, in cui si raggiunge pienamente la percezione dell'essere culo... a molti può succedere proprio sulle ultime note di "I will survive" di Gloria Gaynor, quando realizzi di averla cantata tutta d'un fiato senza aver cannato nemmeno un pronome personale del testo anglofono (e di norma sei uno che richiede la ristampa del PIN del Bancomat dalle dodici alle venti volte l'anno). Ad altri, meno fortunati, accade dopo una serata in un locale di Bratislava pieno di fighe bionde e altamente desiderose di entrare concretamente nell'area Euro mediante il ricorso alle rispettive vagine: e bastano pochi minuti al malcapitato per capire di essere fuori posto. Ma c'è un rito di iniziazione forse meno artistico, e sicuramente meno agghiacciante, che il gay milanese può esperire: l'arrivo del primo pacco Aussiebum, direttamente dal Nuovo Galles del Sud, Australia.

Ora, la prima considerazione che viene da fare, è che, comunque sia, volenti o nolenti, il gay è fondamentalmente un grande esperto di pacchi, al punto che la Rai ha decretato l'esclusione della categoria omo dalla possibilità di accedere come concorrenti al celebre gioco televisivo: esperienza troppo facile, per una cula avvezza a desumere la consistenza della dotazione di serie di un uomo a partire dal calibro delle dita della mano. Pacchi da aprire, pacchi da armeggiare, ma anche pacchi da organizzare: e in questo la cula primeggia tra le molteplici categorie umane.

Ciò premesso, per chi non conosce l'articolo oggetto di questo post, occorre premettere sinteticamente di che cosa si tratta. Nell'immaginario gay meneghino, il marchio Aussiebum si impone come unico ed incontrastato riferimento nel panorama del beachwear, ovvero dei costumi da bagno, ed occupa una posizione di primissimo piano anche nel mercato dell'underwear maschile, anche se nel segmento "low profile".

Qualche considerazione affiora subitanea: in primo luogo, perché mai un italiano dovrebbe importare un costume da bagno dall'Australia? La cula ambientalista, che mangia vegano e macrobiotico perché fa figo, ascolta Radio Lifegate e beve acqua filtrata (più che altro perché dopo essersi lacerata i bicipiti in palestra è stanca e non ha alcuna voglia di faticare trasportando cassette di Ferrarelle dal supermercato), importa sistematicamente nel Bel Paese beni voluttuari che attraversano oceani e continenti su aerei cargo, facendosi più o meno consapevolmente beffe di tutte quelle fregnacce sul chilometro zero ed altre cagate.

La risposta, come spesso accade nel mondo della moda, è: boh! Non ha alcun senso. Sono mutande, costumi. Carini, colorati... ma costumi: tela colorata e poco più. Non giriamoci attorno e arriviamo al nocciolo della questione: con una campagna di "marketing gay" d'assalto degna delle Paola e Chiara del periodo d'oro (da "Festival" a "Vamos a bailar"), il marchio si è allargato al globo terracqueo con una rapidità analoga a quella dei virus dei film catastrofici americani... milleduecento chilometri di raggio di contaminazione in appena pochi minuti di esposizione. Come funziona il marketing gay? Si potrebbe scrivere un'appendice a qualche trattato di macroeconomia: in realtà se Keynes fosse vissuto negli anni Duemila, avrebbe rivisto la teoria del moltiplicatore applicandola ai costumi da bagno. Ne sono certo.
Il marketing gay si appoggia a due elementi fondamentali: l'emulazione e il passaparola. Analizziamo il primo di questi due aspetti critici, ricorrendo ad un semplice esperimento scientifico: è sufficiente che prendiate un qualsiasi oggetto che avete sul tavolo, una matita mangiucchiata, una levapunti arrugginita, un calendario della Banca Popolare di Milano, e che lo piazziate in mano ad un gran bonone mascellato e con due pettorali sporgenti come il balcone di Giulietta a Verona. Se l'oggetto è spalmabile, flessibile, avvolgente, o potrebbe potenzialmente diventarlo per l'occasione, è buona prassi cospargerlo su tutta la muscolatura o distribuirvelo in maniera strategica, mettendo in rilievo le grazie di Madre Natura: è così che un volgare filo del telefono (Lady Gaga docet), ma anche un sifone del gabinetto, un ramo di abete rinsecchito della corona d'avvento di vostra madre, possono divenire armi di seduzione di massa.

Che scatta nella psiche finocchia di fronte a un simile spettacolo di mercificazione del corpo maschile? Mentre la donna, quando vede una pubblicità con una faiga da combattimento, la odia di impulso e si estranea dalle agognate fattezze del corpo femmineo per concentrare il suo desiderio sull'eventuale bene oggetto dei loschi commerci, nel gay scatta al contrario un fenomeno unico tra gli esseri pensanti, e comunque raro nel mondo animale: lo spirito di emulazione. Si crea un cortocircuto ormonale che porta la cula a convincersi di poter diventare simile all'entità sovrumana che compare sulla carta patinata: un fenomeno di empatia che assume contorni paranormali, nei casi (ahimé assai frequenti) in cui il soggetto pensante, o sedicente tale, che viene bersagliato dal messaggio pubblicitario in questione, assomiglia più che ad un modello da emisfero australe, ad un incrocio mal riuscito tra un facocero dell'Isola di Giava e Sergio Iapino.

Fu così che, nella primavera 2009, i tori incredibili opportunamente mutandati dal brand Aussiebum sbarcarono nella capitale gay d'Italia, riempiendo le vetrine IGP Decaux delle nuove pensiline di alto design meneghine: centinaia e centinaia di pacchi "wonderjock", vistosamente ritoccati a colpi di photoshop, che per mesi hanno arrapato le donne, disorientato i maschi veri, e provocato la corsa agli armamenti di migliaia di gay, che proprio grazie agli australiani hanno scoperto le gioie dell'e-commerce. E veniamo rapidamente al secondo elemento delle strategie di gay-marketing, strettamente connesso ai risvolti teorici della teoria dell'emulazione: il passaparola. Pensateci bene: qual è l'organismo vivente meno riservato e propenso a mantenere per sé suggerimenti e chicche dell'ultima stagione? Abituata a condividere anche la lista della spesa su Facebook, si tratta certamente della frocia, che oltre al dono della parola, ha anche quello della vista più lunga del regno animale, soprattutto per quanto attiene il segmento moda. Normalmente avvezza a criticare qualsiasi cosa, ma alla perenne ricerca di conferme per sé stessa, la cula diventa improvvisamente indulgente quando in un soleggiato sabato alla piscina Ponzio in zona Città Studi le si para davanti un tracagnotto orrendo, ma come lei marchiato Aussiebum sulla chiappa sinistra: l'empatia commerciale gay trasforma, come d'incanto, un "Levati dai coglioni, maledetto cesso a pedali, che devo andare alle docce!" in un suadente "Ciao, carino il tuo costume perianale... vieni al Borgo stasera?".

Tali riflessioni, naturalmente, non scaturiscono da nessuno dei due neuroni della cula che quest'oggi, in un tranquillo mattino della primavera milanese, sta ricevendo dalle mani del suo portiere (già incazzato per aver dovuto anticipare le cospicue tasse doganali al corriere espresso) il suo primo pacco Aussiebum, che lo proietterà verso un mondo di alcolici e sesso sulle spiagge della Versilia e sulle rocce delle isole greche. Ma il problema vero lo sapete qual è? Puoi cambiare le piastrelle e i sanitari, mettere la vasca al posto della doccia: ma un cesso rimane sempre e comunque un cesso. Con o senza costumino Aussiebum... Un saluto a tutti, belli e brutti!




5 commenti:

  1. Ma AHAHAHAHHAHAHAHHA!!! E anche OOOOOOH E' PROPRIO VERO!!!
    E poi, solo per il fatto di aver nominato Paola e Chiara, sei da idolatrare.
    E già che ci sei, dimmi se è vero che i costumi della AussieBum, dopo il primo lavaggio in lavatrice, perdono i disegnini... è l'unico motivo per cui ancora non ho saccheggiato l'Australia.

    Baci baci

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  2. No, ti posso assicurare che non è assolutamente vero: le stampe reggono da dio, tant'è vero che penso di essermi strofinato su tutte le rocce dell'estremo oriente e sui bordi di metà delle piscine gay-friendly di Milano per un'intera estate, senza che la cosa avesse alcun effetto sulla scritta Aussiebum che campeggiava sul mio gran bel culo. Saccheggia, saccheggia. Al giorno d'oggi non si è gay senza un costume Aussiebum originale: ingrandisce il pacco, è comodo, carino e soprattutto aiuta a rimorchiare. Si può tranquillamente mettere il gay-radar in saccoccia: un costume Aussiebum è come un cartello con scritto "sono gay", solo che gli etero non lo possono leggere. J'adore totale.
    Baci baci

    PS: anche secondo me NON hai una storia. Ma bene così! Chettefrega, te compri n'Aussiebum e te passa 'a paura!

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  3. io ho il voglino di aussiebum da quando li ho visti a barça nel 2006 e non l'ho arraffato, ma quest'anno tradendo tutte le froce designer italiane me l'accaparrerò e non voglio sentire altro. dev'essere mio, altrimento meglio nudo.

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  4. grazie per avermi reso palese un mondo di cose...! il mio ex ragazzo ( sono una giovane donzella ;-) ) ADORAVA questi costumi...poi un giorno mi ha lasciato ed è partito per la Grecia...NON HOMAI SAPUTO COGLIERE I SEGNALI!ora mi sono chiare tante cose... ;-) grazie!

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  5. Mark... massima stima. Anche io slippino bianco che non aspetta altro che di essere sbattuto sulle bianche spiagge di Los Roques.
    Quanto a Lablanche... cara amica mia, evidentemente sarà andato a farsi fottere a Mikonos insieme a tutti gli altri... Un costume Aussiebum è inequivocabile. La vita sa essere davvero strana, a volte :-)

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