mercoledì 23 giugno 2010

Little gays on the prairie: veterosessualità e dintorni

De Smet: una manciata di casupole gettata nel bel mezzo delle praterie accarezzate dal vento del South Dakota. Mi ci imbatto pianificando il viaggio nell'Ovest americano: "little town on the prairie", la chiama qualcuno, poiche' e' tra queste amene colline erbose che visse realmente Laura, autrice del libro da cui e' stata tratta la fortunata serie "La casa nella prateria". Io addicted totale... Sara' che venendo dalla campagna ho sempre provato una certa empatia nei confronti della famiglia Ingalls (anche se io "Pa" un po' lo odiavo) e dei loro amici (in particolare quella psicopatica di Nellie Oleson e i suoi boccoli dorati... che invidia)... fatto è che non possiamo che guardare con un po' di ammirazione e nostalgia a quei tempi di fanciullesca innocenza, di valori concreti, di pragmatico realismo: l'unico punto di contatto che mi viene in mente tra quelle atmosfere ancestrali e la gay life milanese, adesso come adesso, sembrerebbe consistere nella zootecnica ritualità delle "fiere del bestiame" che si consumano settimanalmente all over the place... Vacche grasse o vacche magre che siano, il rodeo in orizzontale, preferibilmente tra comode lenzuola (ma piuttosto che niente, anche la prateria erbosa del Parco Nord per i più avventurosi va bene), rimane saldamente in pole position tra gli obiettivi di una moderna conquista del West. Noi novelle pionieresse dell'amoralità.

Ora: è indubbio e comprensibile che questo scenario di degrado si contraddistingua per sporadiche sfumature di colore e puntuali variazioni sul tema. Ultimamente ho rilevato come il macroscopico fenomeno gaystorico del "cock rush" si sia recentemente arricchito di una nuova componente emergente, destinata ad affermarsi rapidamente nella community: la cosiddetta "cula d'altri tempi", o "gay veterosessuale". Sbagliate se pensate ad un meccanismo di reazione al disgusto dei tempi moderni, oppure agli effetti della riscoperta dei valori del mettersi a novanta solo previo inanellamento diamantifero. In realta si tratta della più becera e calcolatrice mistificazione della realtà, abbinata ad una buona dose di ipocrisia.

Un ragazzo cresce con un'unica certezza nella vita: quella che la frase "Tesoro, sei carino, ma non bacio al primo appuntamento!!!", sia semplicemente una locuzione priva di fondamento pronunciata dalla Samantah-con-acca-finale o dalla Kayla di turno (preferibilmente bionda platinata e dotata di quarta di reggiseno) in un ridicolo reality a marchio MTV nell'epoca Bush... (a proposito, carino "Jersey Shore"! Dio che orrore: mai visto nulla di più diseducativo su un teleschermo). Il problema è che, invece, c'è qualcuno che lo dice davvero, e che la vituperata frase non è solo uno sporadico caso di fiction televisiva basata su fatti inverosimili: come quando scopri che Babbo Natale è lo zio Fausto vestito da coglione con la barba, una bella sera vai a un date come un altro, e ti rendi conto che qualcuno crede davvero nella sua rettitudine. E la paura sale... e prende il sopravvento.

Ebbene, andiamo rapidamente ai fatti. Combino incontro con soggetto di interesse, sedicente "ragazzo all'antica", a cui prometto appuntamento d'altri tempi (ovviamente l'ironia è d'obbligo, in questi casi... ma evidentemente ho sottovalutato le intenzioni della controparte). Al bar, nel pieno esercizio delle mie indagini sociologiche sulla community, mantengo le distanze. Comunicazione non verbale: schiena appoggiata a schienale della sedia, braccia conserte, sguardo assente. Diffidente come non mai, simulo disinvoltura ed affabilità, esponendomi anche su punti deboli e limiti personali (di base, crea empatia anche nei confronti delle interlocutrici più refrattarie), in attesa di verificare empiricamente dove questa ragazza all'antica, che solo pochi giorni prima al Borgo infilava la lingua nella bocca di un'amica di passaggio, appena conosciuta, potrà arrivare per difendere il suo status e la sua virtù vacillante. A ogni modo caruccio, in fondo: ho sempre avuto un debole per chi sa quel che vale, ma lascio sempre che siano i fatti ad avvalorare l'alta considerazione che si può avere di sé. Spesso le culande, soprattutto a Milano, sono estremamente indulgenti nell'autogiudizio.

Dopo serata tutto sommato gradevole, a chiacchierare di cose serie, tra ammiccamenti, allusioni e sfioramenti vari, giungiamo a bomba ai primi contatti fisici. La nostra volpe artica fa in modo di creare una situazione in cui anche Madre Teresa si sarebbe lasciata tentare dal Cardinal Bagnasco: piazzetta, intrattenimento musicale di sottofondo, cielo stellato. Scatta quasi subito un limone duro forse un tantino esagerato, un po' troppo a vortice per i miei gusti (ma d'altra parte, si sa, la perfezione non esiste): "il problema vero", come direbbe Doctoress, è che dal bacio scivoliamo in palpeggiamenti che da un veterosessuale non ti aspetteresti, con tanto di vistosa erezione sotto il jeans. Al cuor non si comanda, diceva nonna: ma sono sempre più curioso di vedere cosa farà. Mentre il promettente moai dell'isola di Pasqua del mio one-night-stand pulsa nelle mutande, infatti, sono sempre più convinto di essere su candid camera. Gli indizi non depongono a favore della tesi della moralità a oltranza: del resto, farsi tastare l'uccello a spron battuto, quando ti è stato chiaramente fatto capire che la cosa, oltre che sconveniente, è del tutto superflua (e lo dice uno che certamente si guarda bene dal definirsi un bacchettone), non è esattamente ciò che ti insegnano a catechesi prima della Comunione. Fa eccezione qualche prete irlandese, che ha inserito la materia di cui sopra nel programma di preparazione del sacramento.

Quanto a me direi che, svaniti mortalmente ed irreversibilmente nel giro di pochi minuti i sogni d'amore nella monotonia di un palpeggiamento serale come tanti (forse la volpe pensa di avere una cosa mai vista nelle brache, una cosa di cui non posso assolutamente fare a meno... mah...), prevedo ormai la noia di un finale di serata scontato come le mozzarelle in scadenza al Lidl. Lo riaccompagno a casa, parcheggio sotto casa sua (con le mie scarse doti in tema di guida) e lo lascio fare. Mi bacia, mi assale, mi palpa, se lo fa toccare come se dovessi scegliere le zucchine all'Esselunga (diciamo le carote, per rendere l'idea). In preda ad una vistosa erezione, ma visibilmente infastidito dalla situazione pseudoadolescenziale in cui sono costretto, mi permetto, da persona intelligente quale sono, di far notare che trovandoci in un luogo pubblico sotto un lampione, seppur dentro l'abitacolo di un veicolo privato, per giunta estremamente scomodo, una exit strategy potrebbe essere quella di "salire da lui". Aggiungo che non è esattamente quello che uno si aspetta da chi millanta rettitudine morale (l'unica roba retta, qui, è la sua coda di canguro), e che, francamente, una volta che si arriva spediti alla rampa di lancio (cosa che, mio malgrado, mi capita sempre meno per mancanza di materia prima) fermarsi non è che da sciocchi, segaioli o da sadici. Ma ecco che la Laura Ingalls che è in lui viene fuori. Imprevista. Sconcertante. Implacabile.

Infastidito dalla mia inaccettabile audacia (!!!), divento immediatamente per lei squallido oggetto di ludibrio: la sedicente "ragazza di campagna" mi addita come una lurida puttana. Mi ricorda vagamente le ragazzine di 14 anni che girano per le periferie di Gratoshollywood vestite come l'incrocio tra Pamela Prati e Christina Aguilera in Lady Marmalade, ma più scosciate, e pretendono che qualche balordo non le stupri. Ma stai a casa, scema! Copriti! Quanto alla mia amichetta, la situazione precipita nel giro di pochi secondi: mi diverto a stuzzicare, e lo guardo basito, come uno che non sa né leggere né scrivere, intimamente più interessato alla conclusione della mia indagine sociologica che al rischio di prendere un ceffone. Dopo affermazioni palesemente tautologiche del livello "Bè, se per te è così, per me è cosà!", raccolte dal sottoscritto con sguardo affranto, mi ritrovo a pensare - non senza un minimo di soddisfazione - di aver urtato la suscettibilità della mia prima ragazza d'altri tempi. Subitaneo, ne vien fuori un palese parallelismo tra la personale concezione postmoderna di "ragazza di antichi valori", autoattribuitasi con incredibile ipocrisia, e "ragazza che fa il lavoro più antico del mondo". E così taccio. Del resto ho subito uno stuprus interruptus quella sera... non sopporterei altre forme di violenza...

E così sono tornato. Ne sono successe di tutti i colori in queste settimane e non sono riuscito a fare di più. I lettori "outsider" aumentano, il che non può che riempirmi di soddisfazione. E ancora qualcuno mi chiede quanta verità e quanta fiction c'è nelle storie: fate un giro a Milano e capirete quanto è labile il confine tra i due insiemi logici...
Un abbraccio a tutti, belli e brutti... e buon inizio estate...

giovedì 29 aprile 2010

Armi chimiche ed esplosioni addominali

Mie care amiche, spettabili amichetti, buongiorno a tutti voi. Vi sono mancato? Sono sempre io, in perenne lotta contro un metabolismo dirompente e con una dieta iperproteica che mi sta rendendo superaggressivo, superisterico e superarrapato. O almeno un pò più "super" di quanto io non sia di default. Rapido bollettino dei primi quattro giorni di guerra: per un solo chilo di muscoli recuperato con enormi sacrifici, ho lasciato sul campo di battaglia, nell'ordine, due collaboratori umiliati, tre avversari politici ormai prossimi al suicidio, due amanti resi inabili alla deambulazione, un ex fidanzato devastato psicologicamente, nonché una decina tra incolpevoli passanti, conoscenti e commercianti, che si sono casualmente beccati un "vaffanculo" dal sottoscritto, con l'aggravante dei futili motivi. Francamente, se la cosa dovesse proseguire a questo ritmo, prevedo un'excalation di follia che potrebbe portarmi a commettere gesti sconsiderati. Potrei addirittura valutare di tornare etero.

Lunedì sera, fantastica cena a casa della mia amica Arcuri, fornitrice ufficiale della nazionale italiana bodybuilders e massima esperta mondiale di alimentazione iperproteica e di tecniche di ingrassamento ed irrobustimento rapido, oltre che di altre cosucce che non posso dirvi in questa sede: una specie di tronco di sequoia californiana ricoperto di un folto strato di muschi e licheni pelosi, con due pettorali a mò di cupola del Brunelleschi, con tanto di lucernario, a completare uno scenario che stride brutalmente col suo essere simultaneamente professionista stimato, figlio adorato, amico premuroso e, soprattutto, amante passiva. Ma tant'è: non ci sono più le mezze stagioni e si sa che io di amiche "normali" non me ne faccio nulla. Sotto questo profilo, la Manuelona può quasi ambire a rubarmi lo scettro di fenomeno da baraccone della combriccola: e certamente lei è una che di scettri se ne intende.

Dicevo, lunedì sera cena surreale in Loreto; sullo sfondo, televisore sintonizzato sulla puntata chiave dell'Isola dei Famosi edizione 2010. Quattro uomini altamente sexy, tra cui ovviamente il sottoscritto, seduti attorno al tavolo imbandito dalla padrona di casa, con un'unica cosa in comune, oltre alla suprema virtù dell'omosessualità: essersi scopati la padrona di casa, chi prima e chi dopo (e chi durante). Cibi afrodisiaci, champagne, luci soffuse e la Ventura come sottofondo: tutti gli ingredienti affinché la cena potesse degenerare celermente in un'orgia di dimensioni eclatanti, in autentico stile Raging Stallion, seppur con qualche etto di muscolatura in meno. Peraltro, quella mattacchiona della Manu mi aveva lanciato una sfida divertentissima a pochi minuti dall'arrivo dei nostri commensali (una "prova proibitiva", come direbbe Maria De Filippi): indovinare chi tra gli invitati ha al posto del cazzo una specie di voluttuosa bomboletta di eau thermale da mezzo litro, con circonferenza da "mano aperta" (e vi assicuro che non ho una mano piccola). "Provare per credere!" ha aggiunto. Vi dico solo che, competitivo e amante del gioco come sono, mi sono ridotto a passare la serata a scrutare pacchi e patte come una qualsiasi passiva della prima ora, e successivamente, non riuscendo a discernere con sufficiente obiettività la presenza di zucchine ipertrofiche o minipimer (accesi) nei jeans dei miei interlocutori, a stimare la distanza pollice-indice delle loro mani nella speranza che la famigerata "regola della L" confermasse i miei sospetti. Invano. Il quarto segreto di Fatima rimarrà celato a lungo, a meno che non mi metta a sedurre tutta la compagnia a rotazione per effettuare una verifica con una qualche evidenza empirica.

Dai missili dentro le mutande alle bombe al fosforo bianco per ingrossare il fisico, il passo è breve. Rapidamente la conversazione scivola verso il secondo argomento preferito dai gay dopo il cazzo in culo, dato o preso che sia: la palestra, e tutto quello che le ruota attorno. Al cospetto di tale fondamentale argomento di conversazione, qualsiasi gay - a prescindere che di professione faccia il meccanico, l'ingegnere nucleare, la commessa o la rappresentante di Hello Kitty per il Nord Italia - si trasforma nell'ordine in: personal trainer, chimico, farmacista, dietista, biologo molecolare. Una specie di Premio Nobel de noialtri. Ed ecco che pur non avendo la più pallida idea di chi diavolo fosse Lavoisier (forse il nuovo profumo di Christian Dior?), e avendo conoscenze di fisica paragonabili a quelle di Rossano Rubicondi, la cula si propone come massima detrattrice a livello mondiale del principio ponderale della conservazione della massa. La luminare della chimica versione omosex, infatti, è una sostenitrice del principio dell'incremento della massa a qualsiasi costo, cosicché mentre per la scienza ufficiale "in una reazione chimica la massa dei reagenti è esattamente uguale alla massa dei prodotti", per lei vige la regola assoluta ed incontrovertibile che "in una reazione chimica, integrando correttamente con aminoacidi, creatina, gainer, proteine e ormoni e sfondandosi di pesi in palestra dalla mattina alla sera, la massa dei muscoli è pari ad almeno tre volte quella del nutrimento ingerito". Il principio del "nulla si crea e nulla si distrugge" è una stronzata: l'Antonietta Lavoisier era una sfigata che certamente non aveva la tessera dell'American Contourella.
Dalla conversazione serale emerge con chiarezza che la corsa agli armamenti è cominciata: coi primi caldi la finocchia avverte il profilarsi dell'estate e di tutto quello che essa porta con sé, dalle spiagge assolate di Sitges e Gran Canaria, fino alle rupi rocciose delle isole greche, passando per le pinete della Versilia e la lurida vasca di Via Ponzio. La famigerata e temuta "prova costume" riveste per il gay, anno dopo anno, un'importanza strategica nel bilancio di un'esistenza, un appuntamento liturgico da collocare certamente tra quelli più significativi dell'anno solare, attesi e celebrati quanto la Pasqua e il Natale dalla Binetti: nell'ordine, il Festival di Sanremo, la finale di Amici, l'apertura dell'estivo del Borgo e il concerto di Lady Gaga al Forum. Alcuni, tra gli attivisti della lotta armata per i diritti civili, vi annoverano anche il Pride, ma si tratta di una piccola nicchia. "Vorrei bombarmi di brutto nei due mesi che vengono" dichiara candidamente uno dei commensali, incurante della presenza al tavolo di un medico (vero), che prontamente interviene - guidato dai principi etici del giuramento di Ippocrate - per evidenziare i limiti di un simile approccio. "Poco male per l'impotenza, dato che sei passiva, però sappi che potresti essere colpita da psicosi e aggressività..." esclama la Dottoressa, che poco dopo avere pronunciato quelle parole si rende conto di aver tracciato il profilo attuale del soggetto, e dunque aggiunge "Potrebbe anche venirti un tumore o un infarto!", nella speranza di toccare questa volta le corde giuste per spaventare l'interlocutrice. Speranza vana.
Il nostro bodybuilder in pectore non retrocede di un millimetro, disposto a sacrificare anche un agnello agli dei dell'Olimpo pur di avere un pettorale rigoglioso. Sostenuto da una Manuelona indulgente sulla materia e in aperto conflitto di interessi ("A patto che tu ti sfondi di pesi dalla mattina alla sera in palestra, sennò non cresci!"), accantona il capitolo controindicazioni (trasformazione in licantropo o in vampiro di Twilight, apertura di orifizi vaginali sotto lo scroto, formazione di capezzoli sulla schiena ed altre amenità) e raccoglie preziose informazioni sulla chimica del fascio muscolare. Anche l'approccio psicologico della Giovanna ("Ma lo fai per te stesso o per piacere agli altri?") non sortisce alcun effetto, e viene anzitempo liquidato con una risata di sfida. Ma all'improvviso, ecco un'ondata di tristezza si abbatte sul nostro amico, improvvisa ed implacabile. Dottore: "Vabbé, ok, la vita è tua, vedi tu. Ti pigli 'ste dosi per via parentale e la chiudiamo lì, ma fai al massimo un ciclo o due!". Seguono sguardi interlocutori tra i commensali. 'Via parentale?' sembrano chiedere, in particolare, gli occhi dell'omino gonfiabile, che già si vede camminare tronfio lungo la battigia di Torre del Lago, ammirato da uno stuolo di manze rese concupiscenti dalle alte temperature ferragostane. "Guarda che Via Parentale non è mica l'indirizzo della sauna di Roma! Vuol dire iniezione intramuscolare" continua Dottoressa, che di fronte allo sbiancamento del nostro interlocutore, infierisce senza pietà "Lo so che preferivi l'assunzione via supposta anale, ma non l'hanno ancora inventata e comunque sei talmente larga che ti scivolerebbe fuori!". Risultato: sospetto svenimento del soggetto, chiaramente terrorizzato da aghi e siringhe e convinto che le sostanze si assumessero per via orale come volgari gainer e integratori di proteine.
Morale della favola: prima di tentare di apparire maschi ingrossando i vostri muscoli al di là di qualsiasi obiettivo ragionevole, tenendo la memoria RAM del vostro processore mentale occupata con la conta delle ripetizioni e delle serie, crescete un po' in materia grigia, se possibile. Mi sono stancato di ragazzi ipertrofici sedicenti maschi che gemono come zie per un'unghia incarnita e che da attivi, appena ti vedono negli slip, si trasformano come d'incanto in premurose vestali dedite al culto di 'stocazzo. Quindi: no peli sulla schiena, ok l'accorciamento della peluria sul petto, bene la definizione in palestra, bene la corsa al parco per buttare giù i maniglioni antipanico, ok un minimo di autocontrollo nella dieta, accettabile un tantino di integratori giusto per non dover mangiare novantadue braciole di maiale al giorno; ma non esageriamo! E ricordate che, come diceva mia nonna, "c'è un solo modo per avere un bel fisico senza fare fatica: farsi qualcuno che ha fatto fatica al posto tuo". Un saluto a tutte, manze belle e manze brutte...

venerdì 23 aprile 2010

Avventura al Gay hospital

Un caro saluto a tutti, eccomi di nuovo qui, vivo e vegeto. Certo un po' provato dal pacchetto di Camel chain-smoked per sopportare lo stress del tragitto fino all'ospedale, ma ora ve lo posso dire, concedendomi un bel sospiro di sollievo: io sieronegativo totale, il Virus Inventato non mi avrà, né ora né mai. Tié, 'tacci sua oh. Dunque, io appartengo a quel piccolo ma agguerrito gruppo di gay responsabili (lo so, sembra un ossimoro) che da un po' di tempo vanno a fare il test per la sieropositività dalle tre alle quatto volte a settimana: conosco qualcuno che per essere a posto con la coscienza dopo essersi fatto scopare al Parco Nord da un pullman di pornoattori turchi, va a rifare il test ancora prima di aver ritirato i referti del precedente. Per quanto mi riguarda, non arrivo a questi livelli, ma siamo quasi giunti al punto che quando mi vede arrivare, con una faccia da funerale di Lady Diana e teso come la corda di uno Stradivari, l'infermiera del Policlinico mi chiede: "Gradisce il solito?" Ebbene sì, bisogna ammetterlo: è come se avessimo bisogno di un po' di ansia da ospedale, di tanto in tanto, giusto per sentirci vivi. Non vi sarebbe, infatti, alcuna ragionevole motivazione per recarsi a fare il test quando, nelle ultime settimane, l'esperienza sessuale più a rischio per la tua salute è stata quella di limonare un tizio con un alito a dir poco mefistofelico. Oddio: che poi magari, un giorno, la scienza scoprirà che anche la fiatella è un veicolo di trasmissione del V.I. (naturalmente, per chi non l'avesse ancora capito, sto parlando del Virus Inventato), ma obiettivamente da qui ad andare a farsi prelevare un campione di sangue l'indomani stesso, ne passa!

Ogni volta è come la prima: ti trascini mesto fino al Policlinico, con la testa in balia di mille paranoie, del tutto ingiustificate alla luce delle centinaia di euro che mensilmente esborsi per acquistare stock di profilattici, rigorosamente XL, di tutti colori, sapori, odori, texture e, per soddisfare anche l'udito, rumori. Ma tutto fa parte del gioco. Quello che non immaginavo, in quel tranquillo e soleggiato lunedì di primavera, incamminandomi verso il Centro Malattie a Trasmissione Sessuale per dare soddisfazione alla mia ipocondria isterica, era che vi si potesse fare del gran rimorchio, ma proprio di serie A, roba che in posti come il Borgo o il Barbarella rappresenta un'incredibile utopia. Ora i fatti: giungo in loco, visibilmente provato, e più o meno come al Classic a Riccione con la tessera dell'Arcigay, estraggo il mitico biglietto col mio numerino di serie, che prontamente consegno alle infermiere. Non trovate che 'sta storia del codice di immatricolazione sia fantastica? Immagino che al Policlinico di Milano abbiano un ricchissimo database di ricchioni, che neanche Gayromeo è così dettagliato: quando ti intervistano la prima volta, dopo averti chiesto quanti te ne fai alla settimana e, in fin dei conti, se sei una grandissima troia, ci manca poco che ti preghino anche di tirarlo fuori e te lo misurino.

"Si accomodi pure", mi fa la tipa, come se in attesa di farmi succhiare una fiala di plasma avessi voglia di stare seduto in una sala d'attesa in cui un televisore sintonizzato su Retequattro trasmette le immagini di Forum (verrà successivamente fuori che il televisore del Centro MTS è un'elargizione del mitico Cecchi Paone: poca stima). 'Preferirei aspettare due anni in piedi su una colonna come San Daniele, senza mangiare', vorrei dirle: ma poi scorgo nella stanzetta, di norma completamente vuota, un essere vivente, potenzialmente membro della grande famiglia (del resto gli etero mica lo fanno, il test!) ed estremamente fico. 'Amore, se hai il Virus Inventato sappi che ti dona' vorrei dirgli, ma ovviamente mi trattengo e cambio strategia: il giovane virgulto è teso, meglio non infierire. Mi siedo, saluto. Ricambia. Chiedo lumi sui tempi di attesa. Sticazzi, che voce profonda: maschietto e passivo, già non capisco più niente. "Chi è nato il 19 giugno?" chiede la dottoressa Giò dei poveri, affacciandosi alla saletta. 'Alla faccia della privacy', pensiamo all'unisono io e il mio futuro marito per una notte, mentre lui si alza e segue la dottoressa. 'Minchia, che culetto', medito io, seguendolo con lo sguardo: speriamo che le analisi che mi accingo a fare non risultino falsate dall'onda di piena di ormoni nel mio sistema vascolare.

Dopo cinque minuti, un po' sderenato dalla siringa della dottoressa, il nostro amico esce dall'ambulatorio, mi saluta e si allontana: tocca a me. L'ambulatorio è una specie di mondo a sé: una luce bianca avvolge lo spazio, penso di essere già in paradiso. La dottoressa è una faiga disumana, secondo me: il suo lavoro consiste nel chiamare l'infermiera a fare il lavoro sporco e, successivamente, nell'appiccicare un numerino sulla provetta. Due parole, invece, sull'infermiera: la zappatrice polacca in questione si avvicina a me con un'espressione simile a quella di Kathy Bates in "Misery non deve morire", brandendo un siringone, con cui di lì a poco mi asporterà l'avambraccio. Credetemi: un dolore anale. Più morto che vivo, reggendo un batuffolo di cotone nel tentativo di arginare l'eruzione del Eyiafjallajökull che fuoriesce dal traforo del Gran Sasso che la sadica mi ha aperto nella vena, saluto e mi dirigo verso la cassa per fare il solito giochino di "far-finta-di-pagare-una-prestazione-che-è-gratuita" (ma allora perchè me la fai pagare, se è gratis?). Ventiquattro numeri davanti al mio. A metterci tutti in coda sembrerebbe la barriera di Melegnano con le partenze intelligenti a luglio.

Mai attesa fu più fortuita: impudente invito il mio nuovo amico fuori a fumare e attacco bottone, scandaloso come raramente da sobrio: "Certo che sta roba che ti fanno aspettare anche se il test è gratuito mi sembra del tutto incredibile", mi fa. "Si, dai, è inaccettabile": inizio il terzo grado, sfoderando tutte le consuete armi di seduzione di massa. La cosa carina è che è chiaro che ci sto provando, ed è subito chiaro che lui ci starà alla grande: è li col cellulare in mano che aspetta, raccontandomi le amenità del suo appartamento in Porta Romana. Porta Rom-anal, te lo dico io! Ci diamo appuntamento il giovedì successivo, per ritirare insieme le analisi: "Se siamo negativi al test, andiamo a festeggiare da te!" gli faccio scherzando, ma poi come spesso accade, scherzando fino a un certo punto (quando in realtà è esattamente quello che stai pensando). "Te lo stavo proponendo io..." (odio chi mi ruba le idee, ma sei un fico disumano quindi ti perdono). Ecco, la conclusione magari non ve la racconto, anche se potete immaginarla: vi dirò solo che l'abbiamo messa in culo al Virus Inventato (e, per quanto mi concerne, non solo al virus). In definitiva, spero di avervi fornito un motivo in più per fare il test, amiche mie. Scopate con moderazione, ma discreta intensità, e non abbassate mai la guardia! Buon divertimento...
Un'inculata bareback a tutti, belli e brutti...

mercoledì 21 aprile 2010

Vacche magre e lardocrazia

Buongiorno a tutti, cari i miei giovani virgulti. Grazie ancora per le manifestazioni di stima pervenutemi: sto iniziando ad abituarmici, quindi non privatemene. Prometto che tenterò di essere breve e circonciso, in futuro: e quando dico "circonciso", amiche mie, care pettegole vicine e lontane, non è un errore di stampa, nei termini in cui mi impegno sin d'ora ad un drastico taglio al prepuzio della mia creatività. Dunque, bando alle ciance ed iniziamo subito con un test veloce: qualcuno di voi si ricorda, per caso, di quella pubblicità risalente a parecchi anni fa, in cui una bambina a dir poco odiosa, con una vocina da checcamuffa che verrebbe voglia di ficcargli tra le fauci un gatto (persiano a pelo lungo, obeso e possibilmente vivo), pronunciava, non senza un velo di ironia, le parole "Fa la dieta: vuole fare la modella!"? In tale squallida maniera, la vigliacca impenitente in questione si faceva beffe della sorella maggiore che, poveretta, già anoressica e con chissà quali problematiche sociali alle spalle, probabilmente cresciuta all'ombra di una madre in stile Contessa de Blanche e con un padre assente per motivi "istituzionali" (che non si sappia in giro, ma era la primogenita del Cardinal Bagnasco), si vedeva perennemente grassa, avvertendo inesorabilmente allontanarsi all'orizzonte il suo sogno, come un vascello alla deriva: quello di esibirsi sul palco di Amici di Maria in una coreografia del maestro Garofalo. Augurandoci tutti in coro che la bambina stronza della pubblicità, crescendo, si sia evoluta in una specie di cesso a pedali, un incrocio tra un Gremlin e Golum, manifestiamo insieme la nostra solidarietà nei confronti della povera amica stalkizzata dalla sorella, così come della mitica Kaori, morta a soli 22 anni perché mangiava "poco poco". Troppo poco, chiaramente.

Ebbene, sarà trascorso ad occhio e croce almeno un decennio dalla messa in onda di quel capolavoro incompreso dell'advertisement mondiale, e il mondo dei mass media - lasciandosi dietro un cimitero di vittime illustri come la nostra Kaori - ha intensificato notevolmente il messaggio che "magro è bello, sempre e comunque", e che essere magri sia condizione necessaria, indispensabile, ineludibile per avere successo nella vita. Non voglio star qui a farvi le pippe sul triste fenomeno dell'anoressia, dei disturbi alimentari, del disagio psichico giovanile, dei messaggi distorti e dei "falsi modelli" diffusi dai mezzi di comunicazione di massa, dalla pubblicità, e dalla moda presso le nuove generazioni: tutto ciò rappresenterebbe uno sforzo concettuale estremo per un uomo del tutto privo di un'etica propria, e soprattutto totalmente disinteressato alle sorti delle nuove generazioni, come il sottoscritto. E' pur vero che ai falsi modelli preferisco quelli veri, in carne ed ossa e dotati, preferibilmente: ma quello che qui mi preme sottolineare è un diverso punto di vista sulla "questione del girovita", che ritengo una delle più vili e meschine macchinazioni messe in opera a danno di un segmento minoritario della popolazione: robe che i movimenti gay possono giusto tacere, una volta, invece di vociare come oche del Campidoglio. Mò mi girano, echeccazzo. Non è che si possa sempre essere posati e tranquilli (oltre che boni disumani, brillanti e sexy, ovviamente)...

Andiamo per ordine. Stamane arrivo in ufficio, giacca e cravatta, saluto il collega eterosessuale (del resto, chi non ne ha uno di questi invertiti attorno?), apro la ventiquattr'ore ed inizio a smontare il tetris di scatolette di tonno, tupperware pieni di roba, vasetti di yoghurt e panini avvolti nel domopack che ci avevo costruito dentro e che ridispongo, in maniera altrettanto equilibrata ed armonica (forte delle mie competenze in fatto di lego e di scienza delle costruzioni), sulla mia scrivania, accanto al pc. Basta un'occhiata interlocutoria dell'Andrew (povero lui, quante ne dovrà sentire ancora di porcate dal sottoscritto!), e so già che sta per chiedermi delucidazioni sulla motivazione di quella montagna di cibarie di prima mattina, dal momento che non gli risulta in agenda che sia in programma una gita aziendale nel Borneo malese con partenza ravvicinata. Prevengo la domanda che già scorgo affiorare sulle sue labbra socchiuse e, mediamente isterico come Carmen Consoli, gli lancio un "Che vuoi? Sono a dieta!" (io gentile come sempre). Al che, lo sguardo del mio interlocutore eterosessuale, leggermente sovrappeso, si tinge di un mix tra perplessità e risentimento:"Oh, ma quale dieta, che sei già secco!" Ma porcaccia di quella miseriaccia ladra, penso tra me e me, ed inizio a contare fino a 436E+19 per farmi sbollire il nervoso che nasce dentro di me ogni volta che qualcuno sottovaluta il mio essere sottopeso, e che sostiene che fare una dieta nel vano tentativo di prendere qualche chilo sia più complesso che buttare giù un cazzo di rotolino di ciccia. Ebbene sì, sono secco, e se è per questo ho pure la tartaruga, l'inguine alla Brad Pitt, due belle cosce tornite, un gran bel culo chiuso per lavori e spalle armoniosamente proporzionate. Ciò premesso, non me ne frega un cazzo, non mi basta. Non voglio fare la modella anoressica come la sorellina della bambina stronza dello spot: mangio come un porco e mi sfondo di pesi in palestra solo ed esclusivamente perché da grande voglio fare il cubista del Billy, qualche problema con ciò?

Il mio collega eterosex non ha capito il ragionamento. Un po' perché è etero, e vabbé, lo sappiamo tutti che l'appartenere alla categoria "maschio etero" non aiuta la formazione di sinapsi a livello cerebrale, anzi; un po' perché, comunque, è cresciuto in un ambiente in cui il concetto di "eccesso di magrezza" è universalmente riconosciuto come il massimo risultato conseguibile nella vita sotto il profilo estetico. In altri termini: non si è mai troppo magri. Cazzata. Se si è gay, a Milano come a New York City, si è sempre troppo magri: c'è sempre un toro da monta da duecento chili che, guardandoti in mutande, per quanto tu possa essere figo, ti vorrà mettere sotto perché sei più esile di lui, che ha le gambe come due sequoie di Yosemite e un bicipite del diametro di un fusto di Heineken. Circostanza che, per un versatile a cui piacciono molto i maschietti in carne, può nel medio-lungo termine, risultare avvilente e frustrante.

Questo vuole, dunque, essere un grido di protesta contro la lardocrazia imperante nel mondo occidentale, sostenuta da una maggioranza della popolazione chiaramente sovrappeso ed evidentemente incattivita, a causa dell'invidia, nei confronti di chi è stato rifornito dalla natura di un metabolismo più all'altezza delle aspettative: una lobby spietata, che oscura totalmente il problema psicologico di quei bimbi che li vedi in giro che sembrano gli scheletrini di Halloween, così come di quei numerosi ragazzetti che, crescendo, si pongono il problema di mettersi in costume in spiaggia per non essere assaliti da cani allettati dalla visione di quel mucchietto d'ossa succulente. Avete idea di quanto sia difficile trovare in giro una dieta per ingrassare? Si sono inventati quella del minestrone (detta anche della "fiatella mefitica"), quella dissociata (mentalmente), quella della Nutella ("ciccia e brufoli") e quella in cui si dimagrisce, depurandosi, bevendo la pipì (oops... adesso non dite che le recenti sessions di pissing sono il motivo della mia linea): ma quanto a diete per mettere massa, nulla o quasi nulla. Avete la benché minima idea di quanto sia difficile prendere un chilo, quando la natura ti rema contro? Guardate, lo so che molti di voi ce la fanno benissimo: mi sembra di vederlo, quel créme caramel, strabordarvi dalle canotte tese come corde di violino, che quando tornate a casa dopo una serata al Mono, per levarvela ci vuole un artificiere del Genio Militare (e lo vorremmo tutti, per inciso). Ma d'altra parte non è colpa mia se avete un metabolismo del cavolo! Tagliamo corto, che già ho sconfinato anche stavolta: facciamo che voi non rispettate me e il mio desiderio di ingrassare e io non rispetto il vostro di dimagrire? Abbasso la lardocrazia e viva la bresaola, il tonno al naturale e gli aminoacidi ramificati. Buon pomeriggio a tutti, belli e brutti...

domenica 18 aprile 2010

Chi trova un trombamico trova un tesoro

Cari amici, sebbene il mio neonato blog abbia raccolto finora appena un lettore fisso, e dico uno, oltre ad una misera manciata di commenti ai post, nei giorni scorsi ho avuto la conferma di disporre già di un nutrito gruppo di fan. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di anime pie, di amici reclutati allo scopo, nonché di amichetti vari ed eventuali, attirati nella ragnatela grazie ai frequenti collegamenti da me pubblicati su Msn e Romeo (e, in quanto frequentatori di "social network" e chat, di norma interessati ad altri risvolti del sottoscritto, in particolare quelli dello slip). Ad entrambe le categorie di affezionati lettori o sedicenti tali, mi sento di ribadire che non è prevista alcuna retribuzione, nè in sostanza né in natura, per il loro sforzo intellettuale. Rimane il fatto che, per qualche strana ragione, pare che i miei amati sostenitori virtuali ben si guardino dal commentare i post e soprattutto dall'iscriversi al blog medesimo: del resto, ogni blogger ha i lettori che si merita. Vi amo anche per questo: perchè voi valete. L'importante è che i commenti giungano al sottoscritto, e ne sono arrivati molti (ok, stanno sulle dita di due mani, ma per ora va benissimo così).

Alla Heather, che su Facebook mi chiede se i miei post siano o meno autobiografici, rispondo "ni", nel senso che lo sono in una percentuale analoga a quella del grasso in una salamella mantovana IGP (attorno all'80%). Ringrazio la Dan, la più caustica commentatrice e opinionista del web mai conosciuta, per i complimenti e i giudizi entusiastici sullo stile ("Se penso che Alberoni scrive sul Corriere e tu fai l'impiegato svengo!"... credetemi: è il miglior complimento che un blogger possa ricevere da Paxy). Grazie, infine, all'Enrica, nome in codice Bonaccorti, lei stessa blogger della prima ora, per i preziosi suggerimenti sulla raffinata arte del postare: lo ammetto, ho postato troppo e male ultimamente. Ma siate indulgenti, cari amici: dopo settimane di silenzio, una volta smantellato il vecchio blog, sono tornato in fase "dolce stil novo". Voglia di tombare e di scrivere. Full stop.

A proposito della mia amica Bonaccorti, fu proprio da lei, anni fa, in tempi non sospetti, a margine di una delle nostre scampagnate sociologiche e sociopatiche del sabato sera presso la Premiata Macelleria Billy di Milano, zona Forlanini, che udii pronunciare per la prima volta da bocca umana, perfettamente inserita in una frase di senso compiuto, il termine "trombamico". Ora, mi piace credere che a lei e alla sua creatività spetti la paternità del geniale neologismo, destinato a rappresentare compiutamente una fenomenologia estremamente diffusa nei rapporti tra finocchi, siano essi metropolitani o rurali. Prendiamo in mano con coraggio il "Nuovo Billy More" edito dalla Garzanti, ovvero il dizionario ufficiale della new millenium girl, e sfogliamolo fino alla lettera "T", la stessa di Threesome, Torre, Toro, Travone, Troietta, per intenderci. Dunque, vediamo un po'... "Trombamico, s.m. (pl. -ci), colui che dimostra amicizia nei confronti di una persona, tipicamente gay di sesso maschile, mediante il ricorso a favori sessuali più o meno reciproci e/o graditi ad entrambe le parti in causa, e di norma abbinati ad attività, gestualità e modalità relazionali di natura diversa da quella eminentemente fisica e/o fisiologica (es., scambio di liquidi)." Il Billy More Garzanti è molto chiaro a riguardo: il vero "trombamico" è uno che ti fai, ma dopo esserci andato al cinema o a fare la manicure. Secondo punto: è uno che ti fai, ma in maniera non esclusiva, e che di norma ti si fa, ma in maniera non esclusiva.

Ovviamente non è tutto così semplice e lineare come si potrebbe credere. Innanzitutto quella del trombamico è una figura estremamente rara, proprio perché è raro incontrare uno che piaccia, è rarissimo trovare uno che piaccia e ci stia, è quasi impossibile incontrare uno, farci sesso, e successivamente avere voglia di rivederlo, anche solo su una cartolina da Hobart, Tasmania, con tanti saluti. Non di rado, infatti, appena concluso l'atto sessuale, quando ti sei già acceso una sigaretta e hai ormai il telecomando in pugno, sono sufficienti le parole "Mi puoi passare un kleenex, per favore, che mi hai fatto un lago sulla schiena?" pronunciate dal grondante ospite in difficoltà, per farti venir voglia di mettere in scena una rivisitazione in chiave moderna della Defenestrazione di Praga del 1618. Ammettiamo (quasi per assurdo) che si verifichi il caso che due si piacciano, a valle di un incontro a sfondo sessuale: in qualche modo, tra i pargoli, può iniziare una normale frequentazione, più o meno clandestina, esclusivamente sessuale oppure farcita di cenette romantiche, uscite al cinema a vedere "Alice in Wonderland" e allenamenti di coppia in palestra. Qual è il confine tra la scopata fine a sé stessa e quel fugace idillio che dovrebbe condurre allo "stare insieme"? Quali sono le condizioni affinché il rapporto si sviluppi in quel limbo, quel regno intermedio che, sulla carta, è la "trombamicizia"?

Diciamo che quella di trombamico è di base una qualifica temporanea, "a tempo determinato", che si risolve in una, piuttosto che in un'altra direzione, diametralmente opposta alla prima: non ho mai sentito parlare di trombamicizie plurisecolari, e voi? Di norma, parlo per esperienza, la trombamicizia si verifica in presenza di una, o più, delle seguenti condizioni, che ostano alla possibilità di un fidanzamento nel medio-lungo termine: a) uno dei due, o entrambi i froci in questione, sono fidanzati (naturalmente con altri): l'amante assume la qualifica di trombamico nel momento in cui fa credere all'esterno che il soggetto terzo sia davvero un amico, guardandosi bene dal far trapelare all'esterno la notizia di reato sui loro frequenti rapporti anali; b) il candidato trombamico è abbastanza mediocre, esteticamente e, in taluni rari casi, cerebralmente, al punto da risultare impresentabile a terzi e quindi non meritevole di considerazione per un rapporto di coppia eventuale: ciononostante è simpatico, e dispone di un pene di dimensioni abnormi, più che sufficienti per aggiudicarsi l'appalto (ma non in esclusiva) per i carotaggi in ambito rettale; c) uno dei due vuole solo ed esclusivamente chiavare, mentre l'altro è pazzo d'amore, tanto da essere in grado di tirare avanti la situazione per l'eternità, anche ove subentrassero le condizioni di cui alla precedente lettera a). Il caso d), in cui uno dei due è etero, è il più sognato dalle cule italiane: ma che ve lo dico a fare?

In definitiva, la situazione non può essere che instabile e temporanea: non esistono tinte di grigio nel sesso e nell'amore, o ci si piace oppure no. Presto parleremo su questo blog anche di "quelli-che-non-salutano", ovvero di quelli che li becchi in giro in qualche luogo di perdizione e, benché tu sia a cinque centimetri da loro, fanno finta di cercare le monetine sotto i divanetti o di essere diventati non vedenti dopo un incidente domestico con l'autoclave. Cosa c'entra, direte voi? Ve lo dico io: la mia teoria è che l'80% di quelli-che-non-salutano siano ex trombamici. Ci pensavo ieri sera al Borgo, vagando come Dante nella "piaggia infernal" del girone dei sodomiti: quelli che ti scopi una volta, in fondo, hanno dalla loro che di default tendono a salutare (i miei, in particolare, di norma molto affettuosamente). Per quanto attiene agli attuali trombamici, ivi includendo quelli occasionali (una volta al mese) e i frequent flyers (due volte a settimana), ovviamente il saluto, spesso imbarazzante (vedi limone duro della mia amica Burke con trombamico A davanti a trombamico B, con tanto di scenata di gelosia), è garantito temporaneamente. La categoria "ex fidanzé=minestrone riscaldé", fatta eccezione per ex ragazzi con denuncia di stalking pendente (per la serie, se lo becco gli spezzo una gamba), è anch'essa comunemente dotata del dono del saluto.
L'ex trombamico, invece, c'ha il dente avvelenato: da gran compagno di cavalcate può diventare il tuo nemico dichiarato numero uno nel giro di venti minuti. Ieri in Porto di Mare ce n'era una squadra, di incarogniti come non mai. Succede quasi sempre la stessa cosa: ci si inizia a frequentare senza impegno (almeno per come la vedo io), io mi affeziono e quasi inizio ad abituarmi ad uscire insieme, andare al cinema, a ballare. Lentamente il sesso diminuisce, fino ad azzerarsi: il trombamico va improvvisamente in sbattimento, essendo naturalmente già in love totale. E come biasimarlo. Una volta che mi è chiaro che il tizio che frequento non potrà mai ambire a diventare la mia first lady, inizio a vederlo più come un amico a tutti gli effetti. E io lì come un ciùla (=pirla) a caso a raccontare gli affari miei a uno a cui non importa nulla che non sia fare due solfeggi col flauto di carne: se mi permettete... dovrei essere io a mandarvi a cagare!
Buonanotte e un abbraccio a tutti, belli e brutti...

venerdì 16 aprile 2010

Algebra rosé

Non so quanti tra voi abbiano, come il sottoscritto, una formazione scientifica: pochi, probabilmente, subiscono l'indiscreto fascino dei calcoli matematici. Ho sempre guardato con ammirazione alla geometria, all'algebra, alla logica, discipline che descrivono un mondo virtuale in cui c'è sempre una risposta univoca a tutto, e 2+2 non può che fare 4, a prescindere dal fatto che oggi ci sia o meno il sole. Un mondo in cui un'area sottesa a un'iperbole equilatera qualsiasi non è solo un pezzettino di foglio a quadretti da colorare coi pastelli, ma rappresenta qualcosa di più, una cosa a cui qualcuno ha dato un nome e un significato. I limiti e gli integrali sono tra le cose più difficili da capire in natura: o meglio, in quel mondo virtuale, che certamente natura non è. Avete mai incrociato un integrale in Corso Buenos Aires? E un limite in qualche stand del salone del mobile? Per le salutiste tra voi, che più che lo scientifico e un dottorato in matematica applicata hanno fatto il Dams (ah scusate: scienza delle arti e dello spettacolo, dopo la riforma dell'università varata dal Ministro Gaga), è appena il caso di dire che non stiamo parlando delle fibre integrali che vi scofanate a chili dopo la palestra convinte che non vi facciano uscire i maniglioni antipanico dell'amore. Mi sentivo in dovere di precisarlo.

Resta il fatto che, sebbene non esistano in concreto e nessuno ci abbia mai scambiato quattro chiacchiere nel privé dei Magazzini, ciò non impedisce agli integrali di essere davvero complicati. Tremendamente. Io sono arrivato alla maturità assolutamente certo di cosa volesse dire avere una tendenza, ma senza avere la più pallida idea di cosa significasse "tendere a più infinito, se x tende a zero". Ebbene, anni dopo ho scoperto che esiste un'altra cosa al mondo complicata almeno come il calcolo degli integrali: il finocchio. Come una funzione algebrica, il gay tende sempre a qualcosa, ma non ci arriva mai in maniera soddisfacente, sia essa un taglio di capelli o una chiavata; inoltre, gay e funzioni sottendono sempre qualcosa, solo che la frocia è più maliziosa di qualsiasi curva, continua o discontinua, che la geometria abbia mai concepito. C'è, però, una caratteristica che mi spinge ad assegnare la palma della complessità alla categoria gay: il fatto che mentre i calcoli integrali rispondono a regole certe ed immodificabili, e tutto sommato riconducibili alla logica, la finocchia si muove in un mondo tutto suo, al di là del bene e del male, dove 2+2 non fa necessariamente 4, ma magari fa 3.4 perché la commessa mi ha applicato lo sconto del 15% alla cassa. Paradossalmente, è più facile comprendere le complesse regole dell'algebra, spesso impenetrabili, che capire la psiche di un gay, soggetto che al contrario è nella pressoché totalità dei casi assolutamente penetrabile, anzi, non aspetta altro.

Credo che a questo punto vi meritiate quantomeno un esempio concreto, anche se ritengo che a ciascuno di voi non ne manchino affatto di personali. Riporto, in ogni caso, il testo di un sms pervenutomi giorni fa: "Luchino, oggi giornata stressante al lavoro, scusami ma domani sera salto, sto a casa, non voglio prenderti in giro, non sono pronto, vivo ancora nel passato :-(". Io credo che queste poche parole racchiudano, in realtà, l'essenza stessa dei segreti di Fatima: di certo ne potrebbero agevolmente rappresentare il significato più profondo e trascendentale. Ma andiamo per ordine. Doveroso premettere che il messaggio arriva spontaneo quanto inatteso (oltre che sgradito, alla luce del contenuto), e soprattutto che non vi è alcun appuntamento tra i due interlocutori pianificato per l'indomani. Quindi: amore mio, cosa diamine salti?
Di primo acchito verrebbe il sospetto di un banale errore di trasmissione: se dovessi mettere in fila tutti i messaggi non destinati a me e inviatimi per errore da ciula totali negli ultimi anni, mi servirebbe un'estensione della memoria del cellulare. Ma la parte finale dello short message esorta a prendere la cosa sul serio e ad approfondire opportunamente l'arcano. Dopo un paio di aperitivi e qualche chattata su facebook, infatti, è doveroso capire il perchè un soggetto terzo si senta in dovere di specificare che non ti sta prendendo in giro, come tu - ovviamente - già stai pensando. Come potresti non pensarlo, del resto è stanco per il lavoro e l'indomani non si presenterà ad un appuntamento che NON avete messo in agenda: questo qua è davvero stronzo, e soprattutto non è il tipo da farsi film e viaggi mentali sulle questioni importanti... holaaaaaaa...

Devo dire che il soggetto, 36 anni suonati, carino, sexy, mi piaciucchiava come personaggio: non di primo impatto, quando dopo essere diventati amici su Facebook, ci siamo quasi scontrati al Borgo (poca stima, I know). In quell'occasione l'ho quasi snobbato, dal momento che ero in modalità "danza pacata e sigaretta", un mood che quando lo ingrano non riesco a sbloccarlo, come la seconda della mia Peugeot ogni tanto. Ma poi vedilo una volta, vedilo due... già mi ci ero affezionato un pochino: che non vuol dire niente, perché chi mi conosce lo sa che finché non ho fatto un check alla dotazione di serie, un giro sulla giostra e un'ispezione orofaringea e anale, certamente non compro un biglietto di sola andata con formula roulette. Diciamo che tendenzialmente mi sembrava "uno serio", sai uno di quelli che ti trasformano di botto da zoccoletta di periferia in una sfegatata e pudica sostenitrice dei valori della famiglia con una vittoriana avversione per il sesso occasionale, da far risultare la Binetti più simile a una Lady Gaga a caso che a Bernadette di Lourdes. Si era parlato parecchio, naturalmente: sai com'è, non facendo sesso è abbastanza normale. Certo, parlando delle rispettive vicissitudini, erano emerse brutte storie del passato con ex vari ed eventuali: a ogni modo tutte storie che, obiettivamente, sono risultate abbastanza misere al cospetto della vicenda della mia recente cornificazione. Cosa dovevo fare io? Spararmi in Piazza Duomo? Per farla breve, tante belle parole sul fatto di prendere anche le cose negative della vita come occasioni per crescere, unitamente ad altre cagate della stessa portata: è addirittura stato coniato il concetto di "periodi diversamente positivi". E nessuno è venuto ad arrestarci. Viviamo davvero in un Paese dove ognuno può fare e dire quello che vuole, non c'è più onestà intellettuale...
Dopo questo stoico e pretestuoso elogio della sfiga come opportunità, nel giro di poche ore l'atteggiamento è repentinamente virato: cosa avrà indotto un uomo di 36 anni, pronto il martedì a mettere il suo cuore in mano a un gran fico, adorabile e geniale come il sottoscritto, a trasformarsi il giovedì in una larva a malapena umana, indisponibile alla vita di coppia e che vive nel passato? Mistero. Diciamo così, anche se una mezza idea uno se la fa. Qua, a questo punto, urge uno studio di funzione, poiché la matematica dei rapporti interpersonali non è certo un'opinione (o sì?): la mia curva A è certamente ascendente, la sua una cazzo di funzione costante B di una noia mortale. Ci siamo intersecati in uno e un solo punto del piano, corrispondente ad un unico istante, irrilevante nel bilancio di un'esistenza. Qual è la differenza? Per x che tende a più infinito, la sua y tende a un valore costante, mentre io tendo a infinito: un giorno esploderò e mi vedrete brillare nel cielo. Già divergiamo su questo foglio quadrettato che è la vita, quando invece ci potevamo sommare e costruire una nuova funzione insieme. O almeno scopare. Del resto, come cantava Gary Barlow, "Love won't wait". Vivete e amate, ragazzi, senza paura. Ciao a tutti, belli e brutti...

mercoledì 14 aprile 2010

Aussiebum power


Ordinaria mattina da primavera milanese: sole che splende, aria frizzante, polveri sottili, uccellini che cantano, bordello sui mezzi all'ora di punta. Nessuna ragione apparente per aprire un nuovo blog: soprattutto se di blog sulla vita gay milanese si deve trattare. Ma, aspetta un po'... cos'è che afferra all'improvviso tra le mani il portiere, nonappena mi vede fare capolino dalla porta dell'ascensore? Sarà mica... oddio, che emozione!

C'è un momento, nella vita di ogni gay milanese, in cui si raggiunge pienamente la percezione dell'essere culo... a molti può succedere proprio sulle ultime note di "I will survive" di Gloria Gaynor, quando realizzi di averla cantata tutta d'un fiato senza aver cannato nemmeno un pronome personale del testo anglofono (e di norma sei uno che richiede la ristampa del PIN del Bancomat dalle dodici alle venti volte l'anno). Ad altri, meno fortunati, accade dopo una serata in un locale di Bratislava pieno di fighe bionde e altamente desiderose di entrare concretamente nell'area Euro mediante il ricorso alle rispettive vagine: e bastano pochi minuti al malcapitato per capire di essere fuori posto. Ma c'è un rito di iniziazione forse meno artistico, e sicuramente meno agghiacciante, che il gay milanese può esperire: l'arrivo del primo pacco Aussiebum, direttamente dal Nuovo Galles del Sud, Australia.

Ora, la prima considerazione che viene da fare, è che, comunque sia, volenti o nolenti, il gay è fondamentalmente un grande esperto di pacchi, al punto che la Rai ha decretato l'esclusione della categoria omo dalla possibilità di accedere come concorrenti al celebre gioco televisivo: esperienza troppo facile, per una cula avvezza a desumere la consistenza della dotazione di serie di un uomo a partire dal calibro delle dita della mano. Pacchi da aprire, pacchi da armeggiare, ma anche pacchi da organizzare: e in questo la cula primeggia tra le molteplici categorie umane.

Ciò premesso, per chi non conosce l'articolo oggetto di questo post, occorre premettere sinteticamente di che cosa si tratta. Nell'immaginario gay meneghino, il marchio Aussiebum si impone come unico ed incontrastato riferimento nel panorama del beachwear, ovvero dei costumi da bagno, ed occupa una posizione di primissimo piano anche nel mercato dell'underwear maschile, anche se nel segmento "low profile".

Qualche considerazione affiora subitanea: in primo luogo, perché mai un italiano dovrebbe importare un costume da bagno dall'Australia? La cula ambientalista, che mangia vegano e macrobiotico perché fa figo, ascolta Radio Lifegate e beve acqua filtrata (più che altro perché dopo essersi lacerata i bicipiti in palestra è stanca e non ha alcuna voglia di faticare trasportando cassette di Ferrarelle dal supermercato), importa sistematicamente nel Bel Paese beni voluttuari che attraversano oceani e continenti su aerei cargo, facendosi più o meno consapevolmente beffe di tutte quelle fregnacce sul chilometro zero ed altre cagate.

La risposta, come spesso accade nel mondo della moda, è: boh! Non ha alcun senso. Sono mutande, costumi. Carini, colorati... ma costumi: tela colorata e poco più. Non giriamoci attorno e arriviamo al nocciolo della questione: con una campagna di "marketing gay" d'assalto degna delle Paola e Chiara del periodo d'oro (da "Festival" a "Vamos a bailar"), il marchio si è allargato al globo terracqueo con una rapidità analoga a quella dei virus dei film catastrofici americani... milleduecento chilometri di raggio di contaminazione in appena pochi minuti di esposizione. Come funziona il marketing gay? Si potrebbe scrivere un'appendice a qualche trattato di macroeconomia: in realtà se Keynes fosse vissuto negli anni Duemila, avrebbe rivisto la teoria del moltiplicatore applicandola ai costumi da bagno. Ne sono certo.
Il marketing gay si appoggia a due elementi fondamentali: l'emulazione e il passaparola. Analizziamo il primo di questi due aspetti critici, ricorrendo ad un semplice esperimento scientifico: è sufficiente che prendiate un qualsiasi oggetto che avete sul tavolo, una matita mangiucchiata, una levapunti arrugginita, un calendario della Banca Popolare di Milano, e che lo piazziate in mano ad un gran bonone mascellato e con due pettorali sporgenti come il balcone di Giulietta a Verona. Se l'oggetto è spalmabile, flessibile, avvolgente, o potrebbe potenzialmente diventarlo per l'occasione, è buona prassi cospargerlo su tutta la muscolatura o distribuirvelo in maniera strategica, mettendo in rilievo le grazie di Madre Natura: è così che un volgare filo del telefono (Lady Gaga docet), ma anche un sifone del gabinetto, un ramo di abete rinsecchito della corona d'avvento di vostra madre, possono divenire armi di seduzione di massa.

Che scatta nella psiche finocchia di fronte a un simile spettacolo di mercificazione del corpo maschile? Mentre la donna, quando vede una pubblicità con una faiga da combattimento, la odia di impulso e si estranea dalle agognate fattezze del corpo femmineo per concentrare il suo desiderio sull'eventuale bene oggetto dei loschi commerci, nel gay scatta al contrario un fenomeno unico tra gli esseri pensanti, e comunque raro nel mondo animale: lo spirito di emulazione. Si crea un cortocircuto ormonale che porta la cula a convincersi di poter diventare simile all'entità sovrumana che compare sulla carta patinata: un fenomeno di empatia che assume contorni paranormali, nei casi (ahimé assai frequenti) in cui il soggetto pensante, o sedicente tale, che viene bersagliato dal messaggio pubblicitario in questione, assomiglia più che ad un modello da emisfero australe, ad un incrocio mal riuscito tra un facocero dell'Isola di Giava e Sergio Iapino.

Fu così che, nella primavera 2009, i tori incredibili opportunamente mutandati dal brand Aussiebum sbarcarono nella capitale gay d'Italia, riempiendo le vetrine IGP Decaux delle nuove pensiline di alto design meneghine: centinaia e centinaia di pacchi "wonderjock", vistosamente ritoccati a colpi di photoshop, che per mesi hanno arrapato le donne, disorientato i maschi veri, e provocato la corsa agli armamenti di migliaia di gay, che proprio grazie agli australiani hanno scoperto le gioie dell'e-commerce. E veniamo rapidamente al secondo elemento delle strategie di gay-marketing, strettamente connesso ai risvolti teorici della teoria dell'emulazione: il passaparola. Pensateci bene: qual è l'organismo vivente meno riservato e propenso a mantenere per sé suggerimenti e chicche dell'ultima stagione? Abituata a condividere anche la lista della spesa su Facebook, si tratta certamente della frocia, che oltre al dono della parola, ha anche quello della vista più lunga del regno animale, soprattutto per quanto attiene il segmento moda. Normalmente avvezza a criticare qualsiasi cosa, ma alla perenne ricerca di conferme per sé stessa, la cula diventa improvvisamente indulgente quando in un soleggiato sabato alla piscina Ponzio in zona Città Studi le si para davanti un tracagnotto orrendo, ma come lei marchiato Aussiebum sulla chiappa sinistra: l'empatia commerciale gay trasforma, come d'incanto, un "Levati dai coglioni, maledetto cesso a pedali, che devo andare alle docce!" in un suadente "Ciao, carino il tuo costume perianale... vieni al Borgo stasera?".

Tali riflessioni, naturalmente, non scaturiscono da nessuno dei due neuroni della cula che quest'oggi, in un tranquillo mattino della primavera milanese, sta ricevendo dalle mani del suo portiere (già incazzato per aver dovuto anticipare le cospicue tasse doganali al corriere espresso) il suo primo pacco Aussiebum, che lo proietterà verso un mondo di alcolici e sesso sulle spiagge della Versilia e sulle rocce delle isole greche. Ma il problema vero lo sapete qual è? Puoi cambiare le piastrelle e i sanitari, mettere la vasca al posto della doccia: ma un cesso rimane sempre e comunque un cesso. Con o senza costumino Aussiebum... Un saluto a tutti, belli e brutti!